Superheavy, Mick Jagger: “Vogliamo andare oltre i generi conosciuti. Ma non è il progetto della vita”

Mick Jagger è pronta per la nuova esperienza dei SuperHeavy, il mega gruppo formato oltre che dall’ex Stones, dalla giovane cantante soul inglese Joss Stone, dal figlio della leggenda Damian Marley, dal compositore indiano A. R. Rahaman – autore premiato per la colonna sonora di “The millionaire” – e da Dave Stewart, l’ex Eurythmics, l’ispiratore del gruppo. A l’Unità la leggenda del rock, con alle spalle 50 anni di carriera, racconta la genesi dei SuperHeavy:

Dave aveva un sogno: mettere assieme persone dalle provenienze musicali diverse, ma volevo che mi spiegasse meglio. Mi disse che sarei stato capace di fare un disco soul, un disco reggae o quant’altro, ma che qui si trattava di mescolarsi con altri quattro cantanti e trovare un’ispirazione comune fino a creare qualcosa di nuovo. A quel punto tutto stava nel trovare le persone giuste, musicisti che fossero in grado di fondersi in un progetto senza rimanere solo dei «guest». Abbiamo trascorso dieci giorni in studio, l’idea era di trascorrere del tempo tutti assieme fino a che non fossero venute fuori altre cose. Credo che non sia mai un buon metodo ma stavolta ha funzionato. Non volevamo una jam session, ma canzoni vere e proprie, quelle con la strofa e il ritornello, hai presente? Pop.

Insomma, un’occasione soprattutto per divertirsi:

 Vedi, non c’è niente da perdere: non è il progetto della vita. E non è la fine del mondo se non funziona. Non so neppure se avrà una lunga vita, dipende da come la gente lo accoglierà. Se non piacerà non mi dispererò. Ma mi sono divertito a fare cose nuove, tipo cantare in sanscrito oppure cercare di imitare Marley nel fare il “toasting” (lo stile vocale tipico di alcuni sottogeneri del reggae,” ndr”). Il mio pezzo preferito è “I Don’t Mind”, una canzone molto dolce e molto inglese nel mood, nonostante il ritmo reggae. Lo trovo simile a “As Tears Go By”.

Jagger, protagonista indiretto in questi mesi con la hit Moves like Jagger cantanta dai Maroon 5 e da Christina Aguilera, fa il confronto con i Rolling Stones:

Stare in una band è sempre una questione corporativa ma qui la cosa è stata vissuta in maniera più democratica. Per una volta è stato bello anche mettersi da parte e non cantare tutte le benedette strofe di una canzone! (ride). Uno scarico di responsabilità, capisci? Me ne sono accorto quando ho riascoltato le 16 o 17 tracce finali: non cantavo in tutti i pezzi, cosa molto strana per me. E al contempo sono stato partecipe di tutto il processo produttivo, anche il missaggio, che è stato un momento intenso. Ci ho passato un sacco di tempo al mixer!

L’obiettivo dei Superheavy è quello di andare oltre i generi conosciuti. Cioè:

È bello che la gente inizi a pensare fuori dalle categorie. La musica è sempre stata catalogata in quelle che io chiamo “gabbiette per i piccioni”, non è un problema nuovo ad esser sinceri. Anche I-tunes è un affare di gabbie, se non entri in una sei fregato e se compri I-tunes sei ingabbiato. Faccio un esempio. Una volta ricevo una mail dall’organizzazione dei Grammy: se vuoi partecipare col disco devi riempire questo documento indicando entro la prossima settimana la casella con il genere dell’album. Il bello è che quelli del Grammy si aspettano che tu indichi il genere che vogliono loro altrimenti sei fuori.

Jagger poi analizza la tendenza di una parte della nuova generazione musicale (Jack White o i Black Key) al rock blues degli Stones:

Beh, band come i Black Keys è chiaro che guardino al passato così come noi nei Sessanta guardavamo al nostro passato come fonte di ispirazione. Si tratta di una continuità con ciò che è stato, cosa che esiste anche nel pop. I Black Keys alla fine non suonano come i Rolling Stones perché vengono da un contesto diverso. E non è un peccato che molti giovani musicisti di oggi siano interessati alla storia del rock così come io da ragazzo ero pazzo di Elvis, ma anche di Buddy Holly, di Little Richard e di tutti gli altri. Vedi… c’è un posto fantastico a Los Angeles che si chiama “School of rock”, è una vera e propria scuola di musica per bambini di 7, 8, 9 anni, ed è molto seria. Non è che vai lì e suoni Lady Gaga. Devi imparare i Led Zeppelin prima, “Stairway To Heaven” a memoria, oppure “Gimme Shelter”. Capito? (ride) Non è ancora tempo di dimenticare la storia.

Jagger al momento non intende scrivere un’autobiografia, come ha invece fatto Keith Richards, perché ritiene che sia “auto-distruttivo andare a rimestare nel proprio passato“, “pericoloso per la propria psiche, soprattutto se si è trattato di un passato difficile. Insomma, se hai avuto una vita difficile, è destabilizzante tornarci sopra“. Ma, conclude il 68 enne, la mia vita è stata facile, “ci potrei pensare“.